Malfy Gin intervista Diakitè Bakary, bartender di Moebius a Milano


La Passione per la Mixology: Un Viaggio Personale
Dopo Corey Squarzoni, continuano le interviste di Malfy Gin ai bartender di tutta Italia.
In questa intervista Diakitè ci racconta il suo percorso e la sua visione del mondo della mixology.
Curios*? Ecco a te l’intervista completa, dove potrai scoprire anche consigli su misura per cimentarsi a casa nella preparazione di cocktail con Malfy Gin.
Come ti sei innamorato del mondo della mixology? Come hai iniziato la tua carriera come bartender?
La mia carriera inizia da bar back nel 2017; lavorando a contatto con i bartender molte volte mi ritrovavo a dover preparare la linea ai ragazzi e ciò mi ha portato ad avere un approccio diverso al bar in confronto magari a chi iniziava in sala, iniziavo a conoscere i classici.
Ai tempi lavoravo con un ragazzo inglese (Adam) che mi ha aiutato molto sui cocktail di base; Adam aveva già molti anni di esperienza in confronto agli altri ed è stato il mio mentore, la persona che mi ha fatto innamorare del bar insieme a Mattia Tosi, il mio titolare dell’epoca. Dopo aver frequentato la una delle migliori Academy italiane inizia il mio percorso in questo mondo bellissimo.
Tra forma e contenuto: quanto è importante il mood e l’ambiente del tuo locale nel processo creativo?
Ottima domanda! Credo che l’ambiente in cui lavoriamo abbia un impatto fondamentale nel processo della creatività, influenzando diversi aspetti psicologici ed emotivi del essere creativo: l’ambiente che ci circonda è cruciale. Lavorare con persone innovative o appartenere a una community dinamica può amplificare la capacità di generare nuove idee.
Anche nel mondo dei cocktail si parla di sostenibilità; ti è mai capitato di assaggiare o di creare un cocktail sostenibile?
La sostenibilità è un tema molto complesso da dibattere al giorno di oggi. Per rispondere alla domanda: io credo nel vivere in un ambiente sostenibile. Ho la fortuna di lavorare in uno dei locali più sostenibili di Milano ovvero Moebius: qui la sostenibilità è un argomento che ci rimane davvero a cuore, il riciclo della materia prima, l’armonia con la cucina, scambi di prodotti perché a al locale cerchiamo di riciclare al 100% i prodotti che passano tra bar e cucina.
Se potessi fare un solo cocktail per il resto della tua carriera, quale sarebbe? E come mai?
Hanky panky! Il perchè è molto semplice: l’hanky panky ha il sapore d’infanzia.
Ricorda un medicinale alle erbe buonissimo che mi dava mi madre quando avevo la febbre. Credo sia diventato il mio drink preferito perché quel medicinale era la mia medicina preferita. Il suo gusto così particolare penso sia dovuto dal contrasto delle botaniche del gin/ le erbe aromatiche del liquore alle erbe/spezie e radici nel vermouth.
Un cliente entra nel tuo locale: al “fai tu”, cosa fai davvero? Segui uno schema?
C’è un libro bellissimo di François Chartier ( L’abc des harmonies aromatique à table et en cuisine) pubblicato nel 2015 che ci aiuta capire di cosa le persone hanno voglia anche in base al loro umore. Al bar esiste però uno schema base ossia le quattro parole: bitter, sweet, strong,citrus. Una volta capito quale tra queste quattro rispecchia di più i gusti dell’ospite bisogna capire il distillato preferito. Come per ogni cosa ce ne sono alcuni che non piacciono mentre alcuni per cui andiamo matti. Nella maggior parte dei casi si capisce con queste quattro parole di cosa ha voglia il cliente.
Proprio perché il mondo della mixology è in continua evoluzione, come ti tieni aggiornato e dove trovi l’ispirazione per le tue creazioni?
Bellissima domanda. La mia fonte d’inspirazione sono le mie origini (Costa d’Avorio), avere una doppia cultura è sicuramente qualcosa che non hanno tutti e mi sento fortunato per questo. Ma non non bisogna mai limitarsi.
Bisogna sempre avere più fonti d’ispirazione e conoscere più orizzonti per far crescere la nostra mente e stare al passo con il mondo; perché come ci siamo resi conto il mondo… va veloce.
Come mi tengo aggiornato? Credo che l’unico modo per tenersi aggiornati nell’era di internet sia osservare molto e leggere tanto. Perché nel mondo siamo tutti inspirati da qualcosa o da qualcuno.
Mocktail e Food Pairing: due dei trend che esistono nella mixology. Qual è quello che, secondo te, è qui per restare?
Sicuramente sono due argomenti interessanti. Tutti e due sono già abbastanza conosciuti, ma interpretati in maniera diversa. Il mondo dei mocktail è in forte crescita e sicuramente sarà il futuro, anche perché ci siamo resi conto che molti lo usano come punto di partenza per avvicinarsi al mondo dei cocktail diciamo tradizionali. Credo però che sia anche un fattore culturale, poiché molta gente non verrebbe nei nostri locali se non ci fossero anche i cocktail analcolici.
Parlando di Food Pairing: qual è l’abbinamento food-drink più sorprendente che hai sperimentato?
Il food pairing è un tema molto importante per me infatti da quest’anno faccio parte di un progetto collettivo chiamato The Zungu che nasce tra quattro amici: due chef e due bartender. Ci occupiamo di fare conoscere la cucina del west africa in chiave moderna attraverso delle serate pop-up, stiamo partendo da Milano. Oltre alla parte gastronomica cerchiamo anche di creare drink che possano andare in pairing con alcun dei piatti del menù.
C’è un cocktail iconico che avresti voluto inventare tu? E come lo reinterpreteresti usando Malfy Gin?
Avrei voluto essere l’inventore del Hanky Panky; sapete che è stato stato inventato da una donna? Lo avrei sicuramente dedicato a mia mamma: ricordate il medicinale di cui parlavo nella prima parte? Ecco, mi piace perché ricorda quello. Usando Malfy Gin ne aumenterei la quantità per valorizzare di più il prodotto e anche perché personalmente non lo bevo troppo dolce (a differenza di Ada Coley che ne è appunto l’inventrice). Al momento della sua creazione, la ricetta prevedeva parti uguali di gin e di vermouth rosso ovvero 45 ml per ingrediente rosso e circa 5 ml di liquore alle erbe.
Malfy Gin è un omaggio ai sapori italiani. C’è un ricordo o un luogo in Italia che ti ha ispirato nella creazione di un cocktail?
Ci sono molte cose che ci possono inspirare nella creazione di un cocktail non solo dei luoghi. Le persone, i colori, i piatti, un quadro, degli ingredienti e persino una semplice chiacchierata ci può ispirare a creare. Ecco qui un esempio: durante una giornata sul Monte Rosa insieme a due amici abbiamo deciso di voler bere un drink fatto con i soli “ingredienti” che avremmo letteralmente trovato sulla montagna. Alla fine della giornata, una volta tornati a casa il nostro bottino comprendeva: della salvia e della pera selvatiche… SPOILER: secondo voi chi ha fatto il lavoro sporco? Beh io ovviamente, essendo l’unico che lo fa per lavoro ho dovuto pensarci io a creare qualcosa. Vi ho raccontato questo per farvi vedere come si possa trarre ispirazione anche dalle cose a cui normalmente non prestiamo attenzione: si può anche essere inspirati dalla natura solo osservandola .
Un segreto professionale da condividere, soprattutto per chi si cimenta nella creazione di cocktail a casa
L’unico segreto per fare degli ottimi cocktail a casa è quello fare tante domande a chi fa questo di mestiere o al vostro bartender di fiducia. Sono sicuro che vi saprà dare dei ottimi consigli per realizzare dei deliziosi cocktail e sporcare la cucina il meno possibile.